NEL  GIORNO  DEI  MORTI
           (A mio figlio)

Rischiarerà il tuo viso
la fiamma giallo-arancio del camino
quando mi penserai.   Dal vetro
della finestra ovale
vedrai soltanto il fusto della palma
ormai troppo cresciuta per vibrare
in concerti di fronde sul cristallo
nei giorni di maestrale, vedrai forse
il gabbiano, il gabbiano danzante in controluce,
il gabbiano che amavo, simulacro
della mia solitudine.
E sentirai, può darsi, l’inno sacro
del silenzio che amavo, del silenzio
di questo cielo che respira piano
nella quiete notturna e gronda stelle
come ricordi.
Tenderai la mano, la tua mano,
come la mia di un tempo, ossuta e dura,
a rigirare un ceppo e l’ombra tua
fibrillerà sul muro; la tua donna
- unica come fu per me la mia -
occhi di notte chiara, siederà in silenzio
leggendo, forse, antichi testi, quelli
che amavo, di preghiere antiche
e guarderà le rose nel bicchiere,
tre rose appena colte  (che amavo anch’io tenere)
cresciute fra le ortiche
sul laterale destro della casa.
E le gazze?   Le gazze in equilibrio
sul cornicione, dove più saranno
nelle giornate fosche di novembre,
quando avrò già doppiato
l’ultimo promontorio d’occidente?
Tu, tu, come sarai?   E come la tua donna?
Saranno ormai cadute le muraglie
calcinate con l’odio contro cui
ho spezzato il piccone della perseveranza,
l’ascia della ragione e lo scalpello
della pazienza?   Tu come sarai?
I tuoi capelli, le tue spalle?   Vestirai
di nero ancora, come adesso?
E la tua donna dal nome oscuro
come un’Addolorata, come mai sarà?
Avrete più di quanto fu negato
ai miei giorni?   Giorni di attese, sempre,
che qualcosa accadesse oltre le brume
della sorte balorda.
Anche se riposte,
badate che affilate siano sempre
le lame dei coltelli: occhieggia il lupo
dentro il buio più folto e lo sciacallo
è sempre pronto a lugubri banchetti
sul corpo inerme di chi cade.
Alla luna, soltanto alla luna,
serena sorella d’argento,
nelle notti protese d’agosto
chiedete in umiltà
che lenisca il tormento dei vivi
e mai non smetta
di biancheggiare sull’umanità.

 

 

© Francesco Indini 2010