Coco Lafungia





 

 

 

 

 




Un giorno
il cavaddo andiede addò San Diatoro ls quale sene stava solo solo e bandonato dentrovia alla nicchia e dicette: bè San Diatò, cominciti a priparare che domani è la pricissione e dobbiamo caminare tutto Brindisi davanti ai fedeli eddevoti colla banda a coda.
San Diatoro scendette dal piede stallo, impoggiò la lancia in faccia al parete, si assettò al pisulo e cotolò la capo dicendo: credimi ammè caro cavaddo, che se noero santo quasi quasi biastimavo... Ma ti sembra bello attè tutto quello che mi hanno fatto a questo paese? Che ti hai scerrato di quella fiata che si mettette a chiovere accielo aperto e tutta la pricissione sene fuggì e ci bandonò ammè e attè como a due prisi ammezzo a piazza Santa Tresia? Mi rammento che rimasimo fino al cramatina sott’allacqua e ci fecimo culoni culoni che ammè mi venette pure la Siatica.
E poi, ti pare festa quella che mi fanno mo? Ma che ti hai scerrato tutte quelle cassarmoniche si mettevano prima? La bellezza di tre alla fiata sene impizzavano: una che suonava l’Atosca a piazza Carioli, una che suonava l’Atraviata a piazza Vittoria e una che suonava la Matama abbasso alli giardinetti della marina! E mò? Una banda di strazzacollioni dietrovia alla pricissione e fuggi chè notte...
San Diatoro menò una sputazza, si levò l’ermetto din capo e prosegiutò: e i fedeli? Hanno diventati tutti pizzefredde che manco vengono più ammare colle varche, la quale prima era cosa d’ispettacolo che ogne famiglia si caresciava puddiche, sarginischi e tammiggiane di miero e la pricissione diventava un fistino navigante!
Il cavoddo scotolò la cosa, facette un nitrato e dicette:
- hai proprio raggione San Diatò! E non parliamo dei fuechi la quale a quei tiempi principiavano a menzanotte e spicciavano alle ore tre edderano una maraviglia che le cargasse facevano tremolare le lastre e si sentivano di Mesciagnie! –
- San Diatoro menò un’altra rattica e dicette: - E’ vero, è vero! E mò mi fanno questi duettrè minuti di pipiticchi e statti bueno Gesucristo! Basta, sai che ti dico? Che mò gli dobbiamo fare un bello cipierno attutti questi prisi che così s’imparano a rispettare i Santi proteggitori eppatroni... –
Il cramatina tutti andiedero alla chiesa sicuri sicuri che dovevano conzare tutti i paramienti per la pricissione e quando che arrivarono davanti all’annicchia trovarono il vitro scampagnato alla quale San Diatoro non ci stava più.
E quando zupapa si vicinò, vedette un biglietto penduto a un chiodo che sopra ci stava scritto:

Io di Santo mi dimetto
E collo cavaddo mia
Prendo subbito il trachetto:
mene torno alla Turchia!

 

© Francesco Indini 2010