PRE FAZZIONE
(Che Dio solo sa checcazzo significa)
Ma io mi domando eddico chi madonna mela fatto fare che stavo tanto bene prima quando che pensavo solamente alle barbatelle alle bastonache e ai carcioffoli e sarebbo addire che facevo il villano di professione. Il giorno che mi venette ammente la mala ugurata idea di scrivere la prima lettre era stato più meglio che mi avrebbe venuta una freve che così non pigliavo la penna ammano e adesso non mi troverebbe in questo rinfrangente. Che vi devo dire che pure Monsignore mi è pregato agginocchio? Che vi devo dire che pure un norevole mi è tolefonato dicendomi che sei un ribbambito se non fai subbito un libbro che tanto tutti selo comprano e tu ti fai i moneti invece che sei sempre un misarabbile con tutte quelle cambiali che tieni? E poi ci ha stata moglierima che si ha messa come una zecca e mi è fatto una capo a tamburro che alla fine basta che si stava zitta sono detto vabbene.
La quale mò mi trovo colla penna ammano e con uno sputiferio di fogli di carta che devo scrivere per fare quest’imberda di libbro. E speriamo almeno che l’aggente mi capisce datosi che più di qualche duno è detto che come scrivo io non si capisce un amatocazzo di niente. Ma sicuramente questi personi sono dei gnoranti senza struzzione che non sanno manco leggere essendo che io scrivo così chiaro e priciso che mi può capire pure un piccinno della menna.
Basta oramai ho deceduto eddè bene che mi lego le mitolle strette e principio a scrivere. E beno male che non si usa più la penna col pinnino che si scognava sempre e col calamaro che dovevi suppare all’onchiostro che alla fine ti diventavi più nero di una seccia quando che gli esce la melana d’inculo.
Acquesto punto devo dare come tutti i scrittori che si rispettono e ciovè ringraziare incerti personi imparticolari la quale mi hanno sospinto e coraggiato dicendomi che di questo passo vaffinire che vonco il premio Campicello o puramente la Bancaredda.
La verità li vorrebbi montovare tutti auno auno ma sono propio una zagalunga che se la scrivo tutta finisco il libbro. Eppoi cè pericolo che mene scordo qualche duno che dopo quando mi vede mi sputa affronte.
Bè principiamo a contare come che hanno andate le cose di quando che mandai affanculo tutto l’abbiente della cristoscrazia e mene tornai a fare la professione di villano e moglierima quella di casareccia. La prima cosa che facetti come che arrivai alla vecchia casa di campagna è che andiedi alla stadda per salutare il cavaddo Seppo Seppo che nel fammentre si aveva sposato con una bella sciumenta che attualmente portava la panza buttata essendo che andava prena. Dovete sapere che la stadda aveva un anno che nolla piluzzava nessuno e io per la mozione e per il preggio non mi ho accorto che stavo cazzando un tappeto d’imberda tutta a pallottole e come che ho salito dentro casa facevo tutto stampe stampe che la puzza nemmeno i cani signore. E novvidico l’ucculi di moglierima che tando tando aveva passata la pezza collo lax e mediamente mi è detto che sei un puerco suvino e che la vita immezzo all’aggente come si deve non ti è imparato propio niente. La quale mi hanno venute le fumisie e gli sono detto che era più meglio che si stava zitta che se no la pricipitavo di mazzate datosi che la puzza d’imberda si sente pure nelle case dell’aggente altoloquiata e noè certo di cavaddo. Basta dopo che mi ho lavato tutto col sapone di ucata quello che alla televisione si vede il giovane tutto celeste che trase dalla finestra volando e si mena a coffa nella pila dei piatti ho uscito più bianco di un lanzulo. Eccosì mi ho assettato attavola che già mi stavano venendo le sputarelle pensando alla coppa dei rapecavoli che mi dovevo sculappiare quando ti vedo moglierima che sene viene colla suppiera del brodo alla quale gli sono detto se casomai si aveva ribbambita essendo che barbanera non portava brotaglie accalandario.
Ma quella mi ha risposto che tu ti hai propio coglionito se pensi ai rapecavoli datosi che aveva pochi giorni che era scoppiato quel cazzatora di sufrone tomico alla Russia a quel paese che mi pare che si chiamava Cipienobil di cui tutte le verdure erano all’aradio. A questo punto ne sono tirato tutto il calandario a botta di biasteme e gli sono critato che io l’aradio nolla sento mai datosi che la musica moterna mi fa girare l’epalle e che della Russia non mene fotto un amatocazzo di cui faceva attempo che mi cucinava mediatamente i rapecavili che se no la bomba tomica gliela menavo io. Nel mentre che aspettavo mi ho andato a pigliare il buttiglione del vino che almeno mi facevo la bocca ma come che ho fatto per vacare nel bicchiere ho inteso un uccolo che manco la sirena della bulanza e mi ho fermato col buttiglione a menzaria. Era di capo moglierima che mi è chiamato di tutte le maniere dicendomi che sei propio un cosciente se ti bevi il vino datosi che in faccia a tutti i giornali aveva uscito che era fatto col mentanolo e che ti può venire uno scuerpo. E non vi pare giusto che a questo punto gli dovevo lentare un carzalone all’uso mio?
Ditemi voi digrazzia che dovevo fare? E prima i rapecavoli tomichi all’aradio e poi il vino alla menta che dici che facevo la fine di quel povero disgrazziato di Pannello che non ci mangia mai e non si sa comecazzo fa a campare?
Basta oramai mi avevo nervosito eccosì mi ho alzato di tavola iaticando la seggia al largo e gli sono detto a moglierima che col brodo si poteva pure fare il bidè che io mene andavo alla cantina di Senzaculo a mangiare e bevere alla faccia dei bombi tomichi e della Russia con tutto il Cremi Lino.
Il cramatina moglierima che stava ancora musuta di ieri nel mentre che io mi stavo vestendo e mi trovavo ancora ammutande mi è detto di brutto Coco ti devi mazzire datosi che ti hai fatto come un ponchio e quando stai assettato a canottiera mi pari propio la statua di Pudda con quella ventre a salvaggente e quei carzali a pendolacchio che tremolano tutti come che movi la capo. E poi mi è detto approposito che era visto in faccia a un giornale che ci stava la propacanda di uno statuto che mediatamente ti facevano mazzire a botta di massaggi ebbagni di fumo che ci stava puramente il litratto di un cristiano che aveva trasuto crasso come una votte e aveva uscito mazzo come uno zippo. Eccosì mentre mi guardavo allo specchio del commò che la verità la panza un altro poco mi arrivava alla coglia ho deceduto che vabbene andavo a questo cazzatora di statuto che almeno dopo potevo mangiare più assai per ingrossare arreto. Basta mi ho messo l’abbito di vicogna acquadri e mi ho direzzionato alla via che stava scritta in faccia al giornale raggionando fra sé e sé che mò vaccapisci quante monete mi dovrevano fottere colla scusa che mi levavano il crasso della ventre.
Come che ho pervenuto sopralluogo sono veduto una vetrina tutta fiorellini fiorellini che sopra ci stava una scrizzione che diceva – FAUNA E CINESI OPERA PIA- alla quale mi ho detto checcazzo centrano i cinesi e che mi significano l’opere pie che fanno mazzire.
Ma oramai che ci stavo dovevo ballare eccosì ho cazzato un campanieddo che di dentro si ha inteso una musica comesia di tu scendi dalle stelle di cui sono pensato che acquì doveva essere veramente qualche cosa di chiesa. Eddecco perché ho rimasto stuprato quando che mi è aperta la vetrina una biondazza con tutte le menne di fuori e una coscia che si vedeva della spaccatora di una vestaglia aperta fino al viddico. E che vi devo dire che mi ho inteso come un ciuccio in mezzo ai suoni e ho trasuto senza capire niente immezzo a un profumo d’accenso che mi pareva che andavo umbriaco?
Senza che vela tiro allungo quella scarda mi è compagnato ammano ammano fino a un cambarino tutto color di rosa la quale mi è detto che allì mi dovevo spogliare tutto alla nuda che poi mi dovevo mettere un sciucamani bianco colle maniche e colla cinta che stava penduto a un pendirobbe e che si chiamava acchiappatoio. Sono fatto tutto un coraggio e come che la carosa è chiuso la porta mi ho spogliato che mi vergognavo con me medesimo essendo che i pareti erano di specchio e quando che mi ho messo quell’imberda di sciucamano che mi arrivava fino ai diti dei piedi mi parevo Santo Frangesco Aggubbio.
Quando che ho uscito dal cambarino sono trovato la bionda dietrovia alla porta la quale mancopeccazzo mi è preso una mano e mene ha trascinato vicino a unaltra porta che sopra ci stava scritta BAGNI TURCHI di cui mi ho detto fra sé e sé che acquì fra Cinesi e Turchi forse avevo sbagliato nazzione.
E questo noè niente che manco si ha aprita quel servodiddio di porta mi ho trovato tutta una volta alla settima borgia dell’Adivina Commetia che usciva fumo bianco di tutte le vande e ci stavano tante anime tannate che camminavano aggiro aggiro tutti sutati eppiangenti. E non vuoi che quella sorta di tenaglia mi spinge e mi chiude laddentro? Bè che vi devo dire che le biasteme le hanno intese fino Appurgatorio? E avoglia che tuzzavo e sparavo caci alla porta che quella essendo che era brindata non mi sentiva manco Sandiatoro accavaddo. E allora mi ho assettato sopra un pisulo di marmoro che la caloria manco un forno appietra di cui ci stava pure un pertuso dell’amenchia che menava una filippina di arfia bollente giusto giusto a direzzione del culo di dietro.
E così sono principiato appiangere tutti i morti miei e a difrescare quelli di moglierima che lei ci colpava se mi trovavo a quelle condizioni. E propio mentre che stavo esulando l’urtimo respiro e che unatro poco tiravo il cuoio si ha aprita la porta la quale apposto della bionda ci stava un priso quanto un alcalà che io sono critato mamma li Turchi. Ora ebbene quel sorta di menchialire che mi pareva un picca uomo sessuale mi è fatto segno che dovevo andare con lui e io mi ho alzato del pisulo chen già mi avevo dilessato i natichi e ho uscito di quel bordello attempo attempo che non morivo spissiato. Siamo saliti una scaletta a chioccia e datosi che stavo sobbra pensiero per la paura che vaccapisci quale altra minchiata dovevo ricapitare sono tuzzato l’ognia del digitone del piede scalzato in faccia a un pisulo che era di fierro che il dolore ha stato di morte ecquì unaltra zagalonga di biasteme che il priso si ha tappate le recchie.
Basta comocazzo sia sia abbiamo pervenuti dentro un salotto che immezzo ci stava un littino bianco di cui quello mi è detto che mi dovevo snudare e mi dovevo stendecchiare d’inculo allaria.
Acquesto punto mene ho andato di testa dicendogli ma che ti hai messo ammente essendo che io mò telo faccio tanto a te e a tutti i piederasti come a te e che mò e mò mi dovete dare i vestiti che mene devo fuggire di questa casa d’intolleranza altro che opera pia della fessammammisa e cinesi dei morti suoi. E puramente quando la bionda mi è aprito la vetrina la sono chiamata come che si meritava che sarebbo a dire prostatica e mene ho andato sbattendo la porta che si hanno filate le lastre.
Io l’avevo sempre detto che il tolefono è una chiavicata e che non celo dovevamo mettere mai e poi mai. Ma poi moglierima essendo che tiene parenti micrati Abbelgio di cui pure due siluri tanto è detto e tanto è fatto che alla fine siamo chiamati l’operai della Sippa che ci hanno mettuti questa carzetta di tolefono.
Manco hanno passati trequattro giorni che già è chiamato canatoma Sisina di Brucchiselle dicendo che spediva la figlia Rusinella per via aerea essendo che a quella povera creatura non gli faceva l’aria belgica di cui se poteva rimanere duettrè mesotti accasa nostra.
E vi ho contato il fatto che quella l’aveva già ficcata nell’apparecchio e che io dovevo andare a prendere il cramatina dell’ario porto. Ma vedi un picca che matonna di cipierno propio mò che i fili miei si hanno fatti crandi e dipendenti mi dovevo caricare la piccinna di quell’amberda di canatoma.
Eccosì il cramatina sono uscita la giardiniera belvetere che solo Santo Cosimo all’Amacchia sape comè che si ha messa ammoto e ho andato all’ario porto nel mentre che moglierima priparava il littino dietrovia a un paraviento dove che si doveva corcare la nipotina.
Quando che ha terrato l’apparecchio arreazzione che il rimore ancora mi stanno tuonando le recchie mi ho mettuto davanti alla scaletta arrotelle di dove scendono i viaggianti in caso mai la piccinna non vedeva nessuno e si perdeva. Prima prima ha sceso un piezzo di carosa che sicuramente doveva essere qualche ballerina datosi che portava una vesticella rossa che si vedevano le mutande nere acquanto era corta e poi hanno discesi tutti l’altri con priso l’aviatore che guidava l’apparecchio ma non si vedeva nessuna Rusinella dell’amenchia.
Allora sono pensato che forse canatoma era deceduta di colpo che nolla mandava più e già mene stavo andando quando che mi ho inteso dire all’espalle: perdò essere tu zio Cocò?
E non vuoi che quando mi ho voltato mi ho trovato di fronte quella scarda cottutte le cosce di fuori? E non vuoi che quando gli sono domandato chi siete lei quella si è fatta una risata e mi ha risposto che era propio nipotima Rusinella? Apprima botta mi ho fato rosso un cambero e ho rimasto allibidito ma poi ho fatto frea sé e sé che l’anni passano e che di quando che aveva sgravata canatoma Sisina ne avevano passati diciannove.
E ficurati dentro alla tomobbile che mi sentivo tutto a prisagio di coste a quella scarda che si aveva puramente assettata colle gambe a cavalloni che dove passavo passavo si voltavano tutti e facevano le fischiarelle. E questo noè niente se pensate che parlava pure mezzo foresto che ci voleva il terpete per defecare quello che diceva. Quando poi abbiamo arrivati ci stava moglierima che stava aspettando sul guscio di casa e come che ha veduto Rusinella prima ha sbiancuta manco una mappina lavata collo Là poi gli ha uscito un sospiro fino fino comesia di cambera d’aria forata e sene ha discivolata piano piano atterra colle mancanze.
Basta male ebbene ha passato il primo momento di scompiscio e abbiamo trasuti dentro casa nel mentre che moglierima mi faceva occhi quasi addire e mò comocazzo la mettiamo?
Quello che ha succiesso nei prossimi duettrè giorni sono cose invero simili che è più meglio che non vi dico e mò vi riesumo per somme teste.
Apprima mattina tutto andava bene datosi che Rusinella dormiva fino ammezzo giorno e io invece mi alzavo alle ore quattro per andare fuori accampagna se tra lo quale mi vestivo allo scuro e mela filavo.
I cazzamari cominciavano quando che mi ritiravo di cui io sono bituvato che manco traso accasa mi spoglio ammutante che almeno mi metto a mio adagio dopo tanta caloria e sudore del lavoro gricolo con zappa zappone e sarchiolla. Ma come potevo fare con quella carosa immezzo casa essendo che mi frustavo pure datosi che porto i mutanti a cambaletto fino ai ginocchiori e puramente aperti a brachetta? Eppoi quella pirnacchietta caminava sempre addue pezzi che quello di sotto è attriangolo davanti e a fittuccia di dietro che si sommerge nella senga dei natichi e sparesce e positivo si chiama vanga quasi che ara il solco del culo.
Murale e legno succiedeva che io attavola mi sprizzavo tutto il racù sopra alla camisa mi vacavo il vino fourivia del bicchiere e invece di forcinare le porpette forcinavo avvuoto che un giorno gli sono fatto pervenire una braciola affrente di moglierima essendo che l’avevo forcinata a spruscio. Ma quella mancopeccazzo che come finiva di mangiare si alzava come se niente sarebbe e gli dava un bacio prima a moglierima eppoi a me dicendo tuè trebbò zio Cocò gesuì felì di star acqui. Che io rispondevo fra sé e sé l’afèe de mammità che tè mandàt acquà li muè di chi l’eccacà.
Ma il punto più terribbile era la sera quando che ci dovevamo corcare che io mi ficcavo alletto tutto vestuto che nommi levavo manco i pedali in caso mai si sentiva puzza di piedi e Rusinella si spogliava dietrovia a quell’imberda di paraviento chera trasparente la quale mi pareva di vedere una pellicola porcografica. Eppoi mi sentivo pure lo scuerno per via di moglierima che si coricava attipo anime sante del purgatorio colal camisa bianca di capappiedi e cio ferretti in capo che pareva una ficatinda coi spini a fioritura.
Basta alla fine aveva diventato un incubio che la notte zompavo appieno sonno essendo che mi sonnavo sempre femmine alla nuda e il giorno non cera bisogno che mele sonnavo e di quello passo vaffinire che gli facevo fare un altro figlio a moglierima con tutto che stava a menocausa.
E avoglia che mi camardavo le meningiti per trovare una scusa che nela mandavo accasa sua senza che lei sel’aveva ammale e senza che si urtava canatoma Sisina. Ma ecco che Santa Cuniconda mi è fatto la grazzia che una sera ti sento spillare il tolefono e sento nella cornea la voce di Rusinella che dice: adiò zio Cocò gepart mò parchè getruvè un amì chivà in Belgiò collà rulò. Che io sono detto subbito: statti bò uè nipò e mannà chi ticacò.
E nolla sono vista più se tra lo quale gli sono detto a moglierima che mò e mò doveva chiamare l’operari della Sippa che ne portavano il tolefono che se no nelo zompavo collo zappone.
MURALE E TAVOLA
(CONCLUSIONE)
Eddeccomi qua. Rozzola vota eggira ti trovi sempre allo stesso punto e sarebbo addire con una tasca d’ifichi.
Mofallanno di questi tiempi stavo assettato a questa stessa seggia davanti a questa stessa porta che mi pare comesia che non mi ho muovuto filo. E se non era per un picca di capiddi bianchi dippiù quasi quasi mi credo che non ha passato manco un minuto e che tutte quell’infurrate e pellecrinazzioni che sono ricapitato mele ho sonnate doppo un buttiglione di necramaro.
Essì l’anni passano e passano pettutti per i miserabbili come ammè e per l’aggente ricca e superbiosa che pure loro alla fine si troveranno con una tasca d’ifichi e stendecchiati cio piedi avanti talecquale ammè.
E incerte volte penso accome sarà bello quando che all’altro mondo ci contreremo presempio io e quello norevole che mi fottette con quella raccomandazzione accazzo d’icane che gli farò tanto di siddone pure che saremo anime tutteddue. E penso pure con quale faccia d’imberda mi dovrà guardare apparadiso quell’amico che mi cortellò all’espalle eppoi dicette tante calunie di me. Non parlaimo se ti vado a contrare quelli del coverno o quelli che fanno tutte queste leggi d’imenchia o quelli delle tasse o della luce lettrica e cetera che li pricipito arreto sulla terra a botta di cacescaffi.
E mi ricordo acquesto momento di Vicienzi Stivatori quando che nella motobbarca di Santa Pulinara critava
Inferno e Paradiso avanti c’è posto.
C’è posto pettutti è vero ma bisogna vetere dove. Ammè mi sa che di questo passo all’infierno non ci caccia più manco una spingolo essendo che a quanto abbiamo diventati guastasi e malicarni ci tocca a tutti di quella vanda e che Apparadiso non ci vanno più manco i Papi di Roma.
FINE