Cera una fiata
e cera un rè e una reggina la quale tenevano un figlio principetto che era sofistico e nasoteso nemmeno i cani signore. Ora e bene non ci stava carosa che gli piaceva essendo che lui andava trovando una che doveva essere non solamente bella e ricca, ma puramente di discesa nobbile e di modi rifinati e cristocratici.
Di cui con questa scusa non si sposava mai dicendo che quella era assai rustica quell’altra era un picca materiale, quell’altra un picca zambera, quell’altra un picca crietta e cetera, che secondo lui moglierisa doveva essere dilicata como un cicciotoccami.
Di questo passo i genitori stavano crepati che quello rimaneva sempre zito e il tane rè cominciava a pensare in caso mai dalle volte figliosa era un picca orecchione.
Ma finalmente una sera che stava fando un temporale terribbile di cui scaricava, tronava e dirlampava, si rappresentò alla reggia una principessa che si aveva persa e andava tutta culoni culoni per la pioggia.
Come che la vederono il rè e la reggina dicettero fra sè e sè: questa pare propio quella che va acchiando quel priso di nostro figlio essendo che è più mazza di uno zippo d’arieno e pare che porta l’asifilida e la nemia pirniciosa.
Ogne modo il principetto dicette che bisognava fare quarche provola per vedere se quella era alla veramente tanto cristocratica e rifinata como pareva. E taccosì gli facette conzare il lietto colla bellezza di venti matarazzi di lana e venti cuscinoni di crino, alla quale sottovia a tutto ci mettette un pisieddo.
Ora e bene, apparte quello che succedette doppo, ma mi dicete voi comocazzo mai quella poteva salire a corcarsi a quell’altitudine? Mettiamo che ogne matarazzo era doppio venti cintimitri la quale per quaranta fanno aschia di otto metri, como fessammammisa salette se a quell’ebbrica l’ascensorio ancora noll’avevano inventato?
Basta, forse con una scala a paioli o forse tirata colle corde, quella si andiede a corcare e mediatamente prendette sonno tutta ligrenuta como andava doppo quella ascensione.
Il cramatina la reggina gli domandò se avrebbe dormuto bene e se si aveva trovata comoda sobbravia a quella tirrupea di materazzi che la Utore non dice como San Giuseppo d’Icupertino aveva discenduta.
Mediatamente quella si mettette a ruscere dicendo che non aveva trovato riggietto tutta la notte e che si sentiva tutta sconocchiata datosi che si aveva inteso dietrovia alla colonna verticale comesia una cosa tosta.
Eddico sì sì che era un fisico sensibbile e di gracile prostituzione, ma io penso che con quella montagna di materazzi non si avrebbe intesa manco una nacicocca e ficurati un pisieddo!
E acquì addue tela dò: o quella carosa era furba sette saette e sene aveva donata che gli volevano fare l’abbabbiata, o puramente vaccapisci di quale tipo di pisieddo si trattava...
Ogne modo il principetto si fece capace che quella era la mogliere che lui andava trovando e sela sposò con grande prescio del tane e della mamma.
Dora in poi camparono felici e contienti e non si è mai saputo quanti matarazzi si metterono sul lietto patrimoniale.
Postribolo: Si dice che doppo trequattro mesi la principessa gli principiò a fare corne a rotta di cueddo al principetto, quasi che doppo quella prima sera, non si aveva mai più intesa nessuno pisieddo.