Cera una fiata
e cera un norevole broglione e disonesto, la quale abbotta di fottere l’aggente e di beccarsi buste e bustine si aveva diventato più ricco di Alì Bà Bà.
Dovete saper che questo norevole teneva una stanza sconduta con una porticella che pareva comesia specchiera e invece si traseva dentro a questa cambasella che è come una cascia forte e si chiama chiavò.
Ora ebbene laddentro il norevole teneva tutti i liggistri truccati e la carte faze di cui aveva fatto un terramoto di ponci e ogne sittimana traseva avvedere come stavano le cose e a mettere altre falserie eccazzi suoi.
Ecco che una marcia volta piglia e vedette un sorge che abbotta di mangiare carte si aveva fatto quanto un iatto mamone.
Al norevole gli venette una saetta essendo che quel priso di zoccolone gli poteva distruggere tutti i conti fazi e i rivotoli fidanziari che stavano scritti e dicette: mannaggia chi tè morto che io mò ti chiappo e t’infoco! Eccosì si menò appesce e pigliò il sorge peccoda.
Il povero zoccolone si vedette perduto e principiò appiangere dicendo: lassami stare, non mi cidere che io ti posso pure essere comodo e se tu mi fai campare io ti giuro Suddio che non mi mangerò più le tue carte e poi vedrai che allo momento giusto pure io ti salverò attè!
Il norevole che attutta la vita sua noera fatta mai una bona azzione si dispiaquette e dicette: Vabbene ti perdono, ma però dorina vanti devi vivere dentro una gaggiola che io medesimo ti darò a mangiare caso e acqua. E così facettero, se tra lo quale andiedero avanti un annetto e passa.
Una brutta sera il norevole si ritirò colla faccia di Cirineo e coll’occhi straboccati che il sorge lo vedette di quelle condizioni e dicette: ma chè succiesso? Comè che stai così combinato che mi pari un catavero?
Il norevole si scinocchiò atterra e dicette: manno futtuto caro amico mio! Si hanno scoperti tutti l’artarini e mò stanno venendo acquì le uardie d’ifinanza che si devono pigliare tutti i liggistri e le carte. Pover’ammè, che nolli posso manco brusciare che se no è più peggio ancora che quelli mi restano più di pressa essendo che sono fatte sparire le provole!
Ma il sorge pensò un picca eppoi dicette: ecco che ha venuto il momento che mi devo disobbligare di quando mi sei salvata la vita. Sentimi sano. Fammi assire di questa gaggiola d’imberda e apri il chiavò che ci penso io attutto e tu non ti camardare che quando viene l’afinanza rimane cottanta di naso.
Il norevole, la quale altro non poteva fare, libberò il sorge e lo facette trasire dentro alla cambasella. Doppo duettrè ore venettero le uardie d’ifinanza, aprettero il chiavò e si mettettero a leggere carte e liggistri. Nel fammentre il norevole aspettava assettato alla poltrona essendo che gli avevano venuti pure i marancoli alla ventre.
Eddecco che quando uscettero della cambasella il capoguardia dicette: caro norevole lei ci dovete scusare, tutto è apposto e sicuramente ci deve essere stato un qui percoco. Però vi dovete stare attento essendo che dentro il chiavò ci deve stare qualche sorge, datosi che a certe parti i liggistri stanno tutti mozzicati e rosicati che incerti numeri e incerti nomi non si leggono bene.
E chera succiesso? Dovete sapere che quello zoccolone aveva stato per tantanni accasa di un professore di aritmetica e si aveva imparato tutti i numeri e l’operazzioni abbotta di rosicare libbri. Eccosì si aveva rosicato tutte le carte del norevole a quelle vande dove stavano i conti a carzetta e i ponci coi trucchi e aveva lasciato sane solamente le vande giuste e liggittime.
Eccosì le uardie d’ifinanza sene andiedero come gli spifferi di montagna che venettero per suonare e fosero suonati, nel mentre che il norevole e il sorge dorina vanti camparono felici e contenti e diventarono amici eccompari che mangiavano pure insieme attavola, tanto erano tutte due zoccoloni.
Murale della favola:
Il fitente trappagghione
trova sempre acchì lo iuta:
quarche amico zoccolone
che la fòcara gli stuta.